29 novembre 2012
Aziende Zombie devono essere sostenute?
Grazie agli attuali tassi di interessi così bassi, cioè un euribor vicino allo 0%, alcune aziende stanno sopravvivendo cercando di ripagare solo gli interessi sul debito.
Da una parte queste aziende, cosiddette “zombie”, non riescono più ad investire e quindi incrementare quote di mercato, per questo sono fuori dal mercato. Dall’altra parte ci sono le banche che evitano di chiedere il rientro del debito.
Le banche dovrebbero scegliere: sostenere queste aziende dando loro ulteriore respiro, cioè con un incremento delle linee di credito a breve o lungo termine oppure chiedere il rientro degli impieghi.
In questi anni di crisi stanno semplicemente temporeggiando, cioè evitano sia di dare una mano alle aziende con potenzialità e quindi consentir loro di uscire dalla crisi sia chiudere i rapporti perchè ormai fuori mercato. Intanto, recuperano un pò di oneri finanziari…
Voi cosa ne pensate? Cosa pensate dovrebbero fare le banche per favorire una ripresa dell’economia o per tutelare i propri azionisti?
Scritto il 6-12-2012 alle ore 16:37
Mi pare di capire che quelle aziende “zombie” sono indebitate con il sistema bancario e non hanno prospettive di rientro.
Se così stanno le cose è evidente che è interesse della banca tenere in piedi l’operazione perchè diversamente dovrebbe portare il credito a perdite.
Quindi non si creerebbero comunque disponibilità per una ripresa economica. Certo se messe a bilancio quelle perdite, cosa opportuna per fornire dati reali, gli azionisti dovranno intervenire per ripatrimonializzare le banche.
Scritto il 10-12-2012 alle ore 22:15
Il punto è proprio questo: da una parte le banche non riescono a conteggiare le perdite reali e quindi non incrementano i propri impieghi (quindi le imprese meritevoli non ricevono nulla)dall’altra ci sono aziende decotte che usano cash che potrebbe essere utile per nuove aziende.
Mettiamo che i crediti “persi” siano 20/30 su 100 di impieghi (spero che le percentuali siano più basse nella realtà!). Oggi i 100 impegnati restano fermi e mano a mano che passa il tempo, si rischia che i 20/30 problematici diventino 35/40. Se si accettassero le perdite, la banca rientrerebbe di 70/80 di cash fresco e potrebbe ricominciare ad investire. Invece così si sta fermi, non ci guadagna nessuno.
Scritto il 3-1-2013 alle ore 10:03
Carissimi, vi state dimenticando che stare in trincea come il sottoscritto è tutt’altro che emettere sentenza “bocconiane”. Da 30 anni faccio la professione e tante belle teorie le ho viste squagliarsi come neve al sole. Il Vostro teorema è validissimo ovviamente. Ma immaginate cosa vorrebbe dire ora far chiudere come minimo un 50% delle PMI italiane? Prima che gli investimenti dalle banche ritornino al mercato passerà un lasso di tempo piuttosto ampio (forse le banche preferiranno investire in titoli di stato??? remunerano senza rischio) e nel frattempo, tutto il sistema andrà in panne peggio che con la “cura” che paventate. Raddoppio della spesa per ammortizzatori sociali, disoccupazione più che raddoppiata, e lentissima ripresa per i motivi che ho ora addotto saranno il leit motif per i prossimi 5/7 anni: possiamo permettercelo? Rimandare non vuol dire non risolvere, ma creare le condizioni per un salvataggio soft di tutto ciò che c’è di buono nelle nostre aziende. Che non dimentichiamocelo, negli anni buoni, avevano la fila dei banchieri davanti alla porta con le valigette piene di cash. Il detto che le banche danno l’ombrello quando c’è il sole e lo tolgono quando piove non deve essere la forza motrice di questo sistema; e gli accordi previsti dalla legge (art.67, 182bis-ter L.F. per esempio) sono un ottimo mezzo per riequilibrare il sistema, per salvare il più possibile capra e cavole. Perchè c’è bisogno di entrambi.
Scritto il 3-1-2013 alle ore 11:41
Gentile Dott. Merone, leggo con piacere che effettivamente qualcuno evidenzia una situazione anomala e sicuramente rilevante , dal punto di vista dello sviluppo economico, anche futuro, delle piccole e medie imprese. Purtroppo vivo la realtà del meridione di Italia che come evidenziato più volte durante gli ultimi tempi anche dai mass media, la situazione è veramente esplosiva, disoccupazione in crescita, ritardi dei pagamenti da parte delle PA che producono sul sistema economico e finanziario effetti dirompenti, peraltro in un territorio in cui non esiste altro tipo di sviluppo se non quello legato agli investimenti in opere pubbliche, in questo scenario gli istituti bancari assistono le imprese come il medico assiste il malato terminale e cioè aspetta l’inevitabile fine. La responsabilità di questa situazioone non è da imputare all’impresa, almeno nella maggioranza dei casi, ma ad anni di sottosviluppo e di investimenti “elettorali” che hanno avuto come effetto il crearsi di una miriade di microaziende sottocapitalizzate e cioè senza possibilità di poter affrontare la benchè minima dificoltà finanziaria. Con il criterio prposto dal Dott. Merone con tutta probabilità il 90% delle aziende meridionali dovrebbe chiudere con la conseguenza di produrre ulteriore disoccupazione e migrazione in territori economicamente più floridi. La soluzione? purtroppo io non la conosco, tengo duro e tutti i giorni oltre a credere nella divina provvidenza metto il massimo impegno con la speranza di un cambiamento che almeno permetta a me ed alla mia gente di credere in un futuro diverso e soprattutto migliore.
Scritto il 8-1-2013 alle ore 00:15
Caro Angelo, non sono Bocconiano, mi sono laureato alla Federico II di Napoli….
La mia non era una sentenza, era una riflessione che volevo condividere con altre persone, come te, senza pregiudizi. Ovviamente non ho la soluzione in tasca, ma credo sia importante discuterne perchè l’immobilismo non è mai un bene in economia (questo credo la definiresti “bostoniana”?).
Conosco molto bene la realtà che evidenzia Maurizio, visto che ho vissuto in provincia di Benevento per 30 anni, ma ripeto, il problema va sollevato per cercare di trovare una soluzione.
Quanto a Davide, gli faccio un in bocca al lupo visto che lui (dando un’occhiata al sito) la soluzione l’ha già trovata.
Spero ci siano altri interventi su questo tema.
Scritto il 13-4-2013 alle ore 17:47
Capire le aziende in crisi e portare la figura imprenditoriale fuori dal pericolo evidente di una probabile trasformazione da crisi aziendale a crisi personale e’ l obbiettivo di SosAzienda.
Scritto il 12-12-2014 alle ore 13:14
Queste supposte aziende che promettono di salvare aziende in difficoltà sono solo delle emerite bufale. Per cui a tutti i lettori,seri imprenditori in difficoltà, auspico di non incappare mai in questi soggetti truffatori travestiti di buone intenzioni perché prima di rendervene conto sarete buttati a mare.
Io posso raccontare una esperienza negativa, in cui è incappata la mia famiglia, dove si è passati da supposti professionisti pronti a salvare gli imprenditori per poi farli protestare, rapinare, minacciare e quant’altro.
poi prendono tutto ciò che resta dell’azienda sotto forma di finte consulenze, si presentano abbiamo scoperto dopo con nomi falsi perché già sotto inchiesta per le medesime truffe, fanno pressioni psicologiche e via dicendo.
State molto attenti.
Una esperienza triste che segna in maniera indelebile!
Scritto il 2-3-2015 alle ore 11:23
Giusta osservazione anche io ho dovuto sperimentare diverse delusioni prima di arrivare a trovare chi veramente sa cosa fare in situazioni difficili.
cé’stato un periodo dove aziende di Napoli e Avetrana poi finite sui Tg italiani spremevano con prestiti ad usura le aziende in crisi promettendo soldi per coprire le scadenze .
erano gestite da avvocati e commercialisti senza scrupoli che is avvalevano dei loro colleghi per trovare i polli da spennare.
fidatevi solo di chi é presente sul mercato da tempo e sicuramente é passato al vaglio della GDF se no li avrebbero gia fatti chiudere e arrestati come hanno fatto per le altre societá.